Gli immigrati: una risorsa preziosa per l’Italia.


Che lo si voglia o no l’Italia è diventata una nazione multietnica.
Essa lo è già stata nella storia essendo stata  sia nell’antichità che nell’epoca contemporanea, un immenso impero dove convissero popolazioni di diverse lingue, religioni ed etnie. Oggi, le città d’arte della penisola italiana, oltre a essere abbellite dalle più belle chiese, piazze e palazzi del mondo, sono adornate dai sorrisi, dalle presenze di persone venute da ogni dove in cerca di una nuova casa, di una nuova speranza  e magari di una nuova patria. Questo stesso scenario variopinto lo notiamo dappertutto nelle scuole con la massiccia presenza di bambini extracomunitari, che sono i compagni di banco dei bambini italiani, i quali parlano più la lingua italiana che quella dei loro genitori, perché hanno aperto i loro occhi sotto questo cielo, e su questa terra che vedono come la loro; lo notiamo altresì nei mercati rionali dove oramai i fruttivendoli, i fiorai, i bar, gli snack…sono in gran parte gestiti dagli extracomunitari, come per dire che questi mestieri, che richiedono un certo sforzo fisico e grande impegno sono stati tramandati dagli italiani agli stranieri; lo notiamo negli ospedali dove una parte degli infermieri sono stranieri, dato che fino a qualche tempo tale figure professionali erano rifiutate dai giovani autoctoni; lo notiamo in tutti i settori della vita economica e sociale del nostro paese, che fa della bell’Italia, al pari della sua meravigliosa capitale, un paese aperto, amato e meta del turismo mondiale. Fatta questa breve premessa, occorre subito denunziare però il quadro normativo, sancito dalla legge Bossi/Fini, per la sua inadeguatezza ed iniquità. E per capire meglio come si è arrivati li, occorre ritornare alla legge precedente Napoletano/Turco, la quale fu liquidata appunto dalle destre italiane, perché consentiva a chiunque d’entrare in Italia, di lavorarci e stabilirci, senza controlli né obbligo di avere un contratto di lavoro. Il centro-sinistra, quindi, fu accusato, e la destra italiana ne fece il suo cavallo di battaglia elettorale nelle passate legislature ed elezioni locali, di aver aperto i confini del paese all’immigrazione straniera e quindi alla barbarie e all’insicurezza che essa produce nella società italiana. Vi lascio immaginare quanto consenso elettorale racimolò la lega, facendo leva sul concetto dell’immigrato “diverso da noi”, avente un’altra carnagione, un’altra religione, pensate all’islamofobia alimentata dai dirigenti della Lega nord, dopo l’11 settembre 2001, insomma al nuovo nemico contro il quale raccogliere la gente, le truppe, le squadre verdi . Invece,  si trattava di gente estranea alle battaglie politiche, ai fanatismi, al fondamentalismo islamico. Se ci sono state delle mele marce, le quali esistono dappertutto, la stragrande maggioranza era ed è onesta, e si trova in Italia per lavorare e vivere in pace e armonia. Ma, si sa da sempre, la bassa politica non ha cuore, non ha una morale e non ha nemmeno una ragione e una lungimiranza che le consente di vedere lontano. La legge Bossi/ Fini, perciò lega la presenza degli stranieri sul suolo italiano ad avere un lavoro adeguato. Chi perde il lavoro, tuttavia, e pensate in questi tempi bui, quanti ne hanno persi e non hanno potuto rinnovare i loro permessi di soggiorno,  e sono stati costretti così a rimanere in Italia e a lavorare da clandestini. Non vorrei raccontarvi le loro storie sono tristi e tante. Quanti sono stati obbligati a comprare dei contratti falsi per poter rinnovare i loro permessi di soggiorno: li chiamerei i permessi dell’incubo e non del sogno. Non spetta certo a me dire se e quando una persona deve essere mandata a casa sua se non riesce a rinnovare il suo contratto, ma certo la vedo come una soluzione spietata e ingrata verso colui che è venuto da lontano ed è stato riconosciuto dallo stato italiano come lavoratore regolare. In definitiva, e aldilà dei diversi aspetti discutibili della legge, è stato riconosciuto dallo stesso presidente Fini, che la legge è inadeguata e superata e va riveduta sotto un’ottica  democratica ed europeistica: magari tutelante ed integrativa degli immigrati regolari ed onesti, avviando la Repubblica italiana verso, direi con le mie semplici parole, quella comunità, sempre mutevole ed evolutiva, degli imperi passati, che ancora si riflettono oggi democraticamente  in essa. E come disse il poeta la forza di una nazione risiede non solo nella sua economia che richiede risorse e manodopera straniera, non solo nella superiorità delle armi di cui essa dispone, ma soprattutto nella diversità dei suoi componenti e nell’umanità delle leggi che la reggono. L’Italia può e deve fare tesoro di queste risorse umane che ha a disposizione. Certo non si possono accogliere tutti, non  si possono accettare ghettizzazioni sterili e controproducenti da parte di una parte degli immigrati. Concludo dicendo un detto antichissimo del profeta Mohammed: amare le patrie - ( al plurale)- è un atto di fede. Come non amare una patria così bella e antica come l’Italia e come non desiderare di farne parte?

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